giovedì 14 giugno 2012

La grande botta (riciclo testuale)


Gente affidabile.

L'ultima volta abbiamo parlato del downtempo, roba tranquilla per gente tranquilla. Oggi si parla di un altro genere, questo giro roba non troppo rilassata per gente (mentalmente, se capite cosa intendo) tranquilla. L'interessante comune denominatore di tutto ciò si rifa a sostanze sintetiche; curioso.

Detto in modo molto terra-terra il big beat è un genere musicale che scoppia nell'esatto momento in cui la realtà dei rave party si diffonde anche tra la comune plebaglia. Ora, dovete sapere che i rave negli anni '90 erano caratterizzati, musicalmente parlando, da otto ore continue di martelli che rimbalzavano negli impianti. Già così non suona come qualcosa di molto accessibile. Ed infatti non lo è; infatti quando gli amichetti della Brighton-bene del 1993 decidono che è ora di cercare un pratone immenso, arredarlo con dei monoliti neri (le casse, ndr) e condirlo con degli ometti incappucciati che in cambio di soldi regalano momentanei istanti di estasi non si rivolgono alle suddette otto ore di martelli, ma chiamano due fratelli: i Chemical Brothers.

Adesso potrei cominciare a parlarne dicendovi i nomi di questi due fratelli, ma sappiamo benissimo che non frega niente a nessuno; quindi subito al sodo. La prima cosa da sapere sui Chemical Brothers è che fanno dei concerti magnifici. Delle delizie proprio: la strumentazione al centro, un abnorme schermo dietro di loro e immagini dai caratteri direi epilettici, per usare un eufemismo. Il resto è noia. Non riesci nemmeno a muoverti, forse un po' a causa del costante pienone che fanno, ma sotto sotto la verità è che sei stregato davanti a quel connubio di suoni e immagini, incapace di intendere e di volere. Non voglio citarvi vita, morte e miracoli della loro discografia, mi focalizzo però sul loro atto di generosità verso l'umanità: We Are The Night. Avete presente quando, basandosi sulle gesta di un tizio barbuto, hanno scritto un librone in due parti? Ecco, la coppia che scoppia di cui stiamo parlando ha trasposto la sua esperienza nelle avventure notturne in 12 tracce di puro sapere. Un disco che è un po' come Eros Ramazzotti: un emozione per sempre.

Il big beat è un po' come una medaglia: ha due facce. Infatti se da una parte troviamo i Fratelli Chimici che elettrificano sonorità pop, dall'altra troviamo un gruppetto di spostati. Spostati nel senso che da piccoli devono aver sbattuto la testa forte. Ma forte forte. È il 1989 e uno sbandato, Liam Howlett, e due ballerini, Leeroy Thornhill e Keith Flint, creano i Prodigy. Li vedi e sembrano dei punk respinti da quel noto centro sociale di via tal dei tali, ma in realtà dopo un po' di tempo se ne escono con “The Fat Of The Land”: un bacio in fronte gusto big beat. Suoni sintetici e distorsioni di ogni possibile concetto di “melodia” lo rendono uno degli album più irriverenti della musica elettronica di tutti i tempi. La cosa però più curiosa dell'ecosistema che nel corso degli anni si è creato attorno ai Prodigy è indubbiamente il pubblico. I loro concerti sono degli enormi rave party controllati: gente con la pasta in bocca e la bottiglietta in mano, indumenti che vanno contro ogni senso del buon gusto e carovane provenienti da ogni dove. Questo però con la security che guarda tutti con fare paterno.

Il big beat è dunque questo. Che sia proveniente dall'ambiente pop come i Chemical Brothers o da quello della drum & bass come i Prodigy, è caos controllato. Un'ordinata apocalisse.

http://www.facebook.com/notes/lurlo-giornalino-del-liceo-classico-vittorio-alfieri-torino/la-grande-botta-nejrotti-olanda-quarto-numero-2011-2012/373699699356799

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