venerdì 30 dicembre 2011

Dub me in the back (riciclo testuale)


All’alba del 1998, in un umido garage londinese, un gruppo di aitanti individui di diversi colori, stanchi della techno martellante imposta dagli alti piani delle discoteche di Detroit, decisero che era ora di cambiare. Notti insonni passate sopra sintetizzatori polverosi hanno dato vita ad un appendice dell’elettronica che noi comuni mortali amiamo chiamare dubstep. Nata come un fenomeno di nicchia, da una realtà d’emergenza ribellistica è diventata un genere diffuso in tutto il mondo grazie alla capacità fagocitante della globalizzazione che l’ha resa un fenomeno noto. Si sa però che si nasce tondi per morire quadrati: così la dubsteppé non è sempre stata quell’agglomerato di suoni provenienti dall’ambiente urban inglese, ma si è sviluppata dando vita ad un ibrido influenzato dall’hip-hop americano e dall’hardcore originaria del centro Europa.


Detto questo passiamo al punto della questione. Visto che trovare un esempio caratteristico del genere da sottoporvi non è esattamente una passeggiata, il buon Dio della musica ci è corso in aiuto facendo recentemente partorire a tre “big” della scena un EP senz'altro interessante. Parliamo di un gruppetto di Signor Nessuno composto da un certo Thom Yorke (quel tizio che capeggia i noti RadioTesta), Four Tet (un panda con gli occhi cerchiati che nemmeno Mark Renton in Trainspotting) e Burial (semplicemente il Messia per noi ebrei dubsteppers). Queste tre candide menti hanno dato vita a Ego EP: probabilmente l’apoteosi di quella che noi, intenditori con la puzza sotto il naso, chiamiamo prima ondata di dubstep. Non ci azzardiamo a tentare di descrivere un EP del genere, ma tentiamo di definire i personaggi che vi sono dietro.

Il primo della lista è il nostro amico Tommaso Iorche. Mettiamola così, se ne sono visti di più belli: la pelle color scamorza e la dentatura di un nero tendente all’ebano non lo mettono in cima all’elenco dei possibili idoli delle acide sedicenni indie/hipster del ventunesimo secolo; ma il suo innegabile charme è in grado di conquistare i cuoricini palpitanti dei suddetti esemplari di adolescenti urlanti. Dopo aver passato qualche tempo con i Radiohead, Tommo Iorco decide che è meglio fermarsi per un po’ e realizza che chi fa da sé fa per tre. Dopo una gravidanza di un paio d’anni vede la luce una dolce creatura chiamata The Eraser. Nato come un album fortemente caratterizzato da sonorità trip-hop/grime, Yorke decide che è meglio infilarci qualche sbraitata filosofica. Il risultato è una stupefacente nenia malinconica.

Continuiamo con Four Tet: un bellissimo panda con tante occhiaie che ad avere tempo le può mettere su eBay. Nel 2003 scuote gli animi del Creato con il suo canto del cigno, Rounds. Roba da piangere sangue ed esserne felici. Sorvolando sulla sua discografia, annoveriamo la sua capacità di remixare chiunque sulla faccia della Terra. Sì. Ecco, si, pure quell’artista semi-sconosciuto che in questo momento state pensando. Ecco, ha remixato pure lui.

Arriviamo al più bello della festa: Burial. Nome d'arte di William Bevan, è il padre spirituale di tutto ciò che è bello nel mondo nell'ambito della dubstep. A Londra crea la Hyperdub Records: la fabbrica di cioccolato della musica del Signore. Non facendosi quasi mai vedere né tantomeno facendo live, a noi, prendendo ispirazione dalla sua musica, ci piace immaginarcelo come un enorme orso soffice che nel momento del bisogno viene da te, e sulle note del suo album/regalo proveniente dal Valhalla, Untrue, ti abbraccia dolcemente. Poi tutto va meglio.

Per concludere, al volo, un paio di consigli per l'ascolto. Oltre che il già citato Untrue di Burial, è testo sacro del genere anche la compilation Yes, I Do Like Night Bus raccolta da Martyn Ellis.

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